Prospettive per uno sviluppo farmacologico
Una diversa strategia potrebbe portare a un effetto antitumorale duraturo perché basata sul principio della rieducazione dei tessuti. Ne abbiamo parlato con la Professoressa Lina Ghibelli, docente di Nano-biotecnologie e ricercatore al Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, in vista della terza edizione del congresso Anakoinosis che si terrà nel maggio 2020 a Roma e al quale parteciperanno scienziati da tutto il Mondo tra i quali il Prof. Albrecht Reichle, il Prof. C. Gerner dell’Università di Vienna, la dr.ssa G. Piaggio dell’Istituto Regina Elena di Roma, il dr. P. Pantziarka di Anticancer Fund, Belgio, il Prof. E. Traversa, ora Attaché Scientifico all’Ambasciata Italiana a Tokyo.
Quale è la situazione attuale delle terapie anticancro?
La maggior parte dei pazienti con tumori metastatici tuttora non sopravvive a dispetto della disponibilità di farmaci sempre più efficaci e meno tossici; si sta quindi facendo un grande sforzo per sviluppare nuovi approcci terapeutici. Al momento, si sta promuovendo la progettazione e lo sviluppo di farmaci “targeted”, cioè capaci di uccidere selettivamente le cellule tumorali, colpendo bersagli molecolari assenti nelle cellule normali, quali ad esempio le proteine espresse dagli “oncogeni” geneticamente mutati.
Si tratta di medicinali di precisione, applicati in un contesto di terapia personalizzata. La terapia “targeted” rappresenta quindi un grande progresso rispetto alle terapie citotossiche tradizionali, eliminando le cellule tumorali in maniera selettiva, invece che soltanto preferenziale.
Entrambe le terapie sono basate sul principio, consolidato dagli studi molecolari dell’ultimo mezzo secolo, che il cancro sia una patologia “cellulare” e le cellule geneticamente mutate siano il principale fattore determinante l’insorgenza e lo sviluppo della malattia. Diconseguenza, le attuali terapie anticancro mirano a eliminare, uccidendole, le cellule “sbagliate”, con l’obiettivo di ridurre la massa tumorale e prolungare la sopravvivenza dei pazienti. Al momento presente la “guarigione” non è purtroppo un obiettivo accessibile con tali approcci: studi recenti infatti hanno rivelato che il tessuto tumorale “ferito” dalle terapie citotossiche correnti reagisce ricostituendosi con un maggiore grado di malignità, portando alle recidive fatali che siamo purtroppo abituati a vedere. Quindi ricerche per trovare nuovi paradigmi terapeutici sono ormai considerate una priorità.
Ci sono alternative alle terapie citotossiche o targeted?
Un’alternativa molto promettente è la Immunoterapia con “checkpoint inhibitors”, recentement e riconosciuta con l’assegnazione del premio Nobel per la Medicina nel 2018 a James P. Allison e Tasuku Honjo. Gli inibitori dei check-point mirano a ristabilire le difese immunitarie che sono tipicamente silenziate nel tumore: in tal modo, le cellule cancerose vengono eliminate “endogenamente” da un sistema immunitario riattivato e non direttamente dai farmaci citotossici somministrati. Questa strategia promette di eliminare il tumore in maniera duratura, perché è basata sulla rieducazione delle difese interne dell’organismo, ottenuta ristabilendo il controllo immunologico nel tessuto tumorale.
Cosa è l’anakoinosis?
L’anakoinosis, del greco antico “comunicazione”, è un nuovo principio terapeutico che mira a trattare il cancro correggendo l’equilibrio organizzativo dei tessuti (omeostasi ndr), che è fortemente alterato nei tumori. L’omeostasi dei tessuti consiste nell’organizzazione fine di strutture, cellule, matrici e richiede un complesso coordinamento a mezzo di innumerevoli messaggeri molecolari che vengono scambiati in continuazione. L’omeostasi include cellule immunitarie, ma anche altri fattori come lo stroma, i capillari e le strutture di supporto. L’anakoinosis agisce ristabilendo la corretta omeostasi, includendo anche tutti questi determinanti, ampliando e integrando la prospettiva terapeutica dell’immunoterapia. I farmaci usati sono molecole che specificamente interagiscono con proteine bersaglio, in questo caso non le oncoproteine “sbagliate” (come nelle terapie “targeted”), ma piuttosto proteine che regolano il network dei processi comunicativi dei tessuti, con il risultato di modularne l’attività ripristinando la corretta omeostasi.
Perché l’anakoinosis potrebbe creare un nuovo paradigma?
Il trattamento terapeutico anakoinosis è stato inizialmente concepito come una terapia palliativa, destinata a pazienti refrattari alle terapie standard o non trattabili perché anziani o debilitati. Ricordiamo che le terapie palliative mirano ad alleviare i sintomi dei pazienti terminali e storicamente consistono nell’uso di farmaci modulatori che riducono le condizioni di sofferenza tissutale, come ad esempio agenti anti-infiammatori o regolatori metabolici.
I molti trial clinici di anakoinosis svolti finora, che constano di oltre 700 pazienti con diversi tipi di tumori, hanno evidenziato, in aggiunta al miglioramento delle condizioni del paziente, l’inatteso bonus di un oggettivo effetto anti-tumorale su almeno il 60% dei pazienti trattati. Tali effetti vanno, in ordine crescente di efficacia, dal rallentamento della progressione tumorale, alla remissione completa e continuativa, fino addirittura alla sopravvivenza a lungo termine in assenza di tumore (“tumor-free survival”), che a tutti gli effetti è una guarigione. I dati hanno rilevanza statistica e non sono il risultato di reazioni personali peculiari: l’anakoinosis può quindi a buon diritto essere considerata un percorso terapeutico antitumorale.
L’anakoinosis si propone così come un potenziale nuovo paradigma nelle terapie anticancro, con una diversa strategia che potrebbe portare a un effetto antitumorale duraturo perché basata sul principio della rieducazione dei tessuti, invece che puntare all’eliminazione delle cellule “sbagliate”. È incoraggiante pensare che, se studi ulteriori ne confermeranno l’efficacia, e nuovi protocolli ne aggireranno i punti deboli, anakonosis potrebbe addirittura consentire la sopravvivenza dei pazienti metastatici.
Quali sono le basi scientifiche della terapia anakoinosis?
I risultati anti-tumorali della terapia anakoinosis acquistano una grande coerenza scientifica quando si osservano alla luce dei recenti studi della Medicina Rigenerativa. Questa nuova scienza adotta tecniche innovative che permettono di ricreare in vitro l’architettura tissutale, consentendo di studiare i meccanismi biologici e molecolari che controllano l’. Ciò ha permesso di aprire una nuova prospettiva che spiega la genesi e progressione del cancro in maniera più moderna, ampliando e complementando la visione prettamente genetico-molecolare degli ultimi decenni. In particolare, sta emergendo che il comportamento “sbagliato” delle cellule tumorali è determinato, in aggiunta ai difetti genetici cellulari già ben conosciuti, anche (o forse soprattutto?) da disturbi dell’omeostasi, che priverebbero il tessuto tumorale della capacità di tenere sotto controllo le cellule mutate che inevitabilmente si accumulano con l’età o lo stress. Per esempio, è stato recentemente riportato che i tessuti degli anziani, pur istologicamente normali, contengono moltissime cellule con oncogeni mutati, che però non “si comportano” da cellule tumorali perché sono tenute a bada dai meccanismi regolativi del tessuto.
Fintantoché niente intervenga a disturbarli. Infatti, tali tessuti sono a rischio di sviluppare un cancro se le regole di comunicazione cambiano da una omeostasi normale a una aberrante, come può succedere, per esempio, in caso di infiammazione cronica. Questi nuovi concetti per la prima volta ci fanno capire come i tessuti sani possano tenere a bada cellule alterate, incluso quelle potenzialmente tumorali, inducendole a “comportarsi bene”. Questi recentissimi studi, corredati da meccanismi molecolari ben documentati, costituiscono la base scientifica che spiega il potenziale curativo della terapia anakoinosis, che mira appunto a correggere gli errori di una omeostasi aberrante, suggerendo che questa potrebbe proprio essere la strada da seguire.
Cosa dobbiamo ancora “imparare” per migliorare l’efficacia della terapia anakoinosis?
A livello pre-clinico, molti studi iniziano a descrivere aspetti della dinamica dei tessuti nel cancro, ma non c’è ancora una letteratura focalizzata ad affrontare la questione in maniera organizzata su larga scala. Il campo di ricerca è abbastanza sviluppato per permetterci di postulare ragionevolmente che la de-regolazione dell’omeostasi possa essere il primum movens nell’origine del cancro, ma molto lavoro è ancora richiesto per identificare i fattori molecolari coinvolti e, ancora più difficile, per seguire il flusso delle comunicazioni all’interno dei tessuti normali e cancerosi. Per questo è necessario coordinare le ricerche su piani complementari, con lo scopo di elaborare protocolli farmaceutici migliori.
Nei trial clinici di anakoinosis già conclusi, risulta che circa il 40% dei pazienti non risponde alla terapia. Ancora non è noto se ciò sia dovuto al fatto che in alcuni casi l’alterazione dell’omeostasi non è la principale causa dello sviluppo del tumore, oppure se alcune specifiche alterazioni dell’omeostasi richiedano farmaci modulatori diversi. Questo è probabilmente l’interrogativo più importante (e più difficile) da dirimere.
Qual è la sostenibilità economica delle terapie anticancro?
I costi per paziente oncologico, in termini di screening, ospedalizzazione, chirurgia, terapia, monitoraggio, può sfiorare il milione €, di cui una frazione cospicua deriva dai costi per le terapie. In particolare, i farmaci targeted sono prodotti high-tech, e richiedono notevoli investimenti da parte dell’industria farmaceutica per il loro design e sviluppo. Le compagnie farmaceutiche supportano economicamente i relativi trial clinici, perché l’eventuale approvazione dei medicamenti testati come farmaci di prima linea, consentirà loro di recuperare il denaro investito vendendo i prodotti approvati ai Servizi Sanitari Nazionali. L’altissimo costo di questi farmaci, se usati su base generale, sfida però la capacità economica anche delle economie più ricche, e quindi il mercato potrebbe paradossalmente restringersi, e gli investimenti non venire recuperati. A gioco lungo, questo potrebbe avere conseguenze negative per lo stesso mercato del farmaco.
Come si pone anakoinosis in quanto a sostenibilità economica?
Il costo della terapia anticancro anakoinosis permette di risparmiare circa il 70% rispetto alle spese richieste per i trattamenti “targeted”, risultando quindi più sostenibile, e non solo nei paesi occidentali; anzi, se fosse adottata universalmente, si potrebbero aprire cospicui mercati anche nei paesi in via di sviluppo. Il motivo di questi minori costi è che i fattori che governano la comunicazione cellulare nei tessuti, quindi il diretto bersaglio della terapia, sono universali e non richiedono di essere ritagliati a misura a seconda dell’assetto molecolare del singolo paziente, consentendo quindi di abbassare i costi degli screening iniziali e della preparazione dei farmaci. Inoltre, molti dei farmaci usati sono “repurposed” (riproposti), cioè sono approvati e usati per trattare altre patologie (es., disordini metabolici): questo consente di tagliare notevolmente i costi di produzione. Paradossalmente, potrebbe risultare un affare più lucroso per l’Industria farmaceutica produrre cocktail di farmaci per anakoinosis vendibili a costi relativamente bassi, piuttosto che farmaci costosissimi che pochi Servizi Pubblici possono ormai permettersi. I mercati dei paesi del welfare sono infatti sempre meno disposti a investire in deficit, e in situazioni in cui i budget dei Servizi Sanitari Pubblici sono limitati, i prodotti a minor costo possono rivelarsi più remunerativi perché possono essere applicati maggiori rincari senza pregiudicarne le possibilità di vendita.
Ci si può aspettare un ritorno economico dallo sviluppo di nuovi farmaci per anakoinosis?
Lo sviluppo scientifico atteso nel settore della regolazione dell’omeostasi dei tessuti aiuterà a capire come questa diventi aberrante nei tumori e come possa essere corretta farmaceuticamente. Ciò dà all’anakoinosis una eccellente prospettiva di sviluppo economico, in quanto ci sono tutte le premesse ciniche e scientifiche perché si riveli una eccellente e facilmente praticabile opzione terapeutica.
La prospettiva che le terapie anakoinosis siano adottate come terapie “front-line”, e lo sviluppo di farmaci specifici, costituiscono una coppia di eventi che si alimenteranno reciprocamente. I dati clinici e le basi scientifiche sono così promettenti che lasciano pensare che a gioco lungo tale congiuntura si verifichi. Allo stato attuale delle cose, si tratta di una scommessa che richiede una capacità “visionaria” da parte di compagnie farmaceutiche all’avanguardia che si avvalgano di esperti biomedici oltre che economisti.
L’anakoinosis ha attratto molti trial clinici nell’ultimo decennio, nonostante la novità dell’approccio farmacologico e clinico dell’anakoinosis, e del fatto che, proponendo almeno in parte farmaci “riproposti”, ci si aspetta un minore guadagno nell’immediato. Gli importanti, e in qualche modo sorprendenti, risultati ottenuti a livello clinico devono ora essere integrati da prospettive chiare di guadagno economico, per motivare le Compagnie Farmaceutiche a investire di più su Anakoinosis. È prevedibile infatti che il grande spazio che si intravede per lo sviluppo di nuovi farmaci nella terapia anakoinosis possa portare un importante ritorno economico.
Su quali farmaci si dovrebbe puntare?
La ricerca andrà effettuata puntando sulle nuove tecnologie a tutto campo, aprendo alle biotecnologie che potrebbero beneficiare di un considerevole sviluppo. Ad esempio, “small molecules” sintetiche che specificamente modulino bersagli costituiti da proteine regolatorie dell’omeostasi tissutale tramite le tecnologie informatiche del “drug design”. Si apre inoltre un grande spazio per i cosiddetti “farmaci biologici”, producendo fattori non-sintetici che specificamente controllino i messaggeri molecolari dell’omeostasi. Sarà necessario inoltre mettere a punto la formulazione di cocktail di farmaci ad attività bio-modulatoria a precisa combinazione (es., attività regolatoria complementare o sinergica), formulando specifici kit. Grandi promesse vengono dalla possibilità di stabilizzare, attraverso approcci nanotecnologici, molecole modulatorie biologiche prodotte endogenamente (es., ormoni) o assunti con la dieta (es., prodotti naturali vegetali), che sono note da un lato per avere attività di prevenzione tumorale, e dall’altro per agire da anti-tumorali in studi in vitro. Finora però, tali molecole non sono risultate efficaci come anti-tumorali in vivo, per via della loro instabilità: il miglioramento della bio-cinetica tramite stabilizzazione (“nanofarmacologia”) potrebbe permettere di recuperare un intero set di molecole bio-modulatorie ad altissimo potenziale antitumorale, da applicare nelle terapie anakoinosis come farmaci biologici.
Come si sta pianificando la diffusione dei principi e delle applicazioni di anakoinosis?
I risultati clinici sono stati pubblicati su prestigiose riviste scientifiche internazionali con “peer-review”, così come le elaborazioni dei principi di base (“review papers”) e gli studi traslazionali di supporto. Ciò fornisce il necessario “imprimatur” a garantire la credibilità scientifica, cosa particolarmente importante quando si esporta la conoscenza al di fuori della comunità scientifica, impattando con problematiche di salute pubblica e di sviluppo economico dove gli operatori non sono tipicamente esperti in biomedicina.
In particolare, due numeri speciali delle riviste “Frontiers in Pharmacolgy” e “Frontiers in Oncology”, contengono contributi volontari di ricercatori clinici e traslazionali, immunologi, chimici, farmacologi, patologi, matematici, bioinformatici, ingegneri e scienziati dei materiali, di cui molti già pubblicati, che contribuiscono a dare una visione d’insieme. L’interesse suscitato da queste iniziative è andato oltre le aspettative, con un’entità di partecipazione estremamente elevata paragonata a simili iniziative.
Sono state inoltre organizzate due Conferenze Internazionali sui principi scientifici di anakoinosis, tenute nel 2016 e nel 2018, con gran partecipazione di ricercatori (www.anakoinosis.org). Una terza Conferenza è programmata per la primavera del 2020, e sarà specificamente dedicata agli aspetti farmacologici di anakoinosis e alle prospettive di drug development.
Come si può organizzare lo sviluppo farmacologico connesso all’anakoinosis?
C’è bisogno di scienziati con diversi expertise, che si coordinino in un’ampia scala, includendo oncologi (trial clinici), biologi (ricerca traslazionale e modellistica in vitro), patologi (validazione degli studi sperimentali), chimici analitici (misurazione di parametri) ingegneri (setup di piattaforme tridimensionali per la ricostruzione di modelli di tessuto tumorale), scienziati dei materiali (nanofarmacologia e medicina rigenerativa), matematici (modellistica delle interazoni tissutali), farmacologi (drug development), e bioinformatici (drug design). Al momento si è già costituito il nucleo centrale, con specialisti affiliati a Istituzioni prestigiose in tutta Europa. Il lavoro quindi è già cominciato per quanto riguarda la clinica, la modellistica e gli studi traslazionali. C’è ora bisogno di coinvolgere l’Industria Farmaceutica per attivare la fase di “drug discovery”, e di coordinare la ricerca in maniera focalizzata.
Gli obiettivi sono molto ambiziosi, e vanno al di là del singolo progetto di ricerca, mirando piuttosto a coordinare ricerche su piani multidisciplinari. Il campo è molto vasto, e ovviamente alcuni degli obiettivi qui descritti possono incontrare l’interesse di alcuni ma non altri soggetti, e possono essere quindi scorporati a seconda degli obiettivi. Il feedback da parte di soggetti potenzialmente interessati, aiuterà a focalizzare gli obiettivi parziali che più facilmente possano portare a ritorni economici.